Il suo nome è legato alle origini di una delle professioni più antiche del nostro territorio: inizialmente era solo il “macellaio” dei maiali, adesso è sinonimo di tradizione e genuinità. La parola “norcino”, si diceva, è stata adottata dalla lingua italiana in relazione alla professione di chi uccideva il maiale e ne lavorava le carni.
La specializzazione in questo mestiere ha origini antiche ed è legata alla massiccia presenza nella nostra area montana di suini (maiali e cinghiali), preziosa fonte di sostentamento per la popolazione locale. Questi animali erano allevati allo stato brado nei boschi di querce e castagni: una pratica documentata e regolamentata già negli Statuti Comunali medievali.
La professione del norcino vide la sua più intensa fase di sviluppo tra il XII e il XVII secolo, fondando una tradizione consolidata non solo in Umbria ma anche in diverse altre Regioni (tra cui Emilia Romagna, Lazio e Toscana) in cui si costituirono diverse confraternite e corporazioni di mestiere.
Si trattava di un mestiere stagionale: il maiale, infatti, si uccideva e tuttora si uccide una volta l’anno, durante l’inverno, ed è proprio questa la stagione di attività dei norcini.
Il giorno 7 dicembre 2019 decido di partecipare all’uccisione del maiale, il mio amico Renato mi invita di buon mattino all’evento. Arrivo alle ore 7,00 nel cortile dell’azienda agricola dove tutto era stato predisposto, Renato mi aspettava per rendermi partecipe dall’inizio.
Renato mi rassicura sul metodo utilizzato per ucciderlo; “non ti impressionare è una cosa molto rapida”, in quattro si avvicinano alla gabbia e gli mettono una museruola collegata ad una corda per farlo uscire dalla gabbia, appena uscito Massimo il collega di Renato, con una mossa molto rapida gli avvicina alla testa un cilindro del tipo “pistola sparachiodi”, si sente uno sparo e il maiale cade a terra privo di vita.
Inizia ora la preparazione, il corpo dell’animale viene sollevato, in modo da poterlo lavare in tutte le sue parti con l’ausilio di una lancia a pressione di acqua calda. Completata questa meticolosa operazione da Renato, il maiale viene adagiato in posizione supina sopra delle assi di legno, a questo punto il suo corpo viene bagnato con acqua bollente prelevata dai fugon e con l’ausilio di affilati coltelli usati come rasoi vengono tolti tutti i peli dal suo corpo.
I prodotti ottenuti dal maiale hanno reso famose nel mondo le provincie di Parma e Piacenza, anche grazie a questo animale Parma è diventata la capitale del food.
Adriano Sidoli